L’Industria 4.0 e le nuove frontiere del Lean

McKinsey.it

L’Industria 4.0 sta trasformando il mondo del Manufacturing, rendendo ancora più cruciale il tema dell’eccellenza operativa. Come attrezzarsi per il nuovo corso?

Sergio Farioli, Partner di McKinsey & Company, è un esperto di processi industriali, Industry 4.0 e tecniche Lean. In questa intervista, condotta da Cristina Bellini di McKinsey, illustra i profondi cambiamenti che stanno interessando il Manufacturing e i vantaggi che un approccio lean può portare alle imprese.

Cristina Bellini: Le tecniche Lean sono in uso da molto tempo e non sembrano passare di moda. Che benefici possono offrire alle aziende?

Sergio Farioli: L’approccio lean, che si è andato affermando soprattutto negli ultimi vent’anni, viene utilizzato da un numero sempre crescente di aziende per incrementare la produttività, abbassare i costi e rendere gli impianti più efficienti. Una Lean transformation ben orchestrata può rivelarsi uno strumento di recupero della competitività ad altissimo potenziale: 25% di riduzione dei costi e dei tempi di consegna, 25% di aumento della qualità e 80% di crescita della motivazione del personale.

Eppure oggi, come ha evidenziato una nostra recente survey, ci troviamo di fronte a un paradosso: proprio ora che l’approccio lean sembra stabilmente radicato nel DNA delle imprese, si scopre che la maggior parte di loro fatica a raggiungere i risultati attesi (Figura 1).

Figura 1

Cristina Bellini: Questo vuol dire che le tecniche Lean stanno perdendo la loro efficacia nel complicato contesto attuale?

Sergio Farioli: No, affatto. I principi base del lean restano ancora oggi indispensabili per migliorare produttività, qualità e affidabilità delle operations e si adattano perfettamente alla nuova fabbrica digitale e all’Industria 4.0. Le cause del mancato raggiungimento degli obiettivi sono piuttosto da ricercare altrove, in particolare nelle modalità in cui queste tecniche vengono applicate.

Per fare un esempio, prima di avviare un programma Lean le aziende dovrebbero fare una valutazione attenta e obiettiva dei loro attuali processi, mindset e competenze. Il senso di questa operazione è abbastanza chiaro: solo sapendo da dove si parte è possibile sviluppare una visione realistica del futuro e definire il cammino da percorrere. Eppure la maggior parte delle imprese non svolge questo compito con la dovuta diligenza, ritrovandosi a fissare priorità sbagliate e a indirizzare in modo erroneo gli investimenti.

Cristina Bellini: Come dovrebbe essere condotta questa valutazione preliminare per risultare davvero efficace?

Sergio Farioli: In base alla nostra esperienza un buon “maturity assessment” deve seguire alcuni principi fondamentali.

Innanzi tutto deve partire dalle reali necessità dell’azienda e non dai tool disponibili. Purtroppo molte aziende seguono il percorso inverso e adottano strumenti di cui non hanno valutato appieno l’utilità nel proprio contesto specifico, e si ritrovano a usare tecnologie che poi non riescono a portare a scala e sfruttare adeguatamente. Oppure, cosa ancora più grave, adottano le tecnologie corrette, ma non forniscono al personale una formazione adeguata.

Un’altra caratteristica di un buon assessment è la capacità di identificare azioni concrete di miglioramento e non limitarsi all’analisi delle performance correnti. Scoprire che una determinata prestazione è inferiore del 20% rispetto a quella ottenuta in altri impianti può essere senz’altro utile, ma non aiuta a impostare un piano d’azione. Un assessment serio dev’essere in grado di individuare le cause di una scarsa performance e suggerire le soluzioni più appropriate, tenendo conto delle condizioni specifiche del sito in esame, che possono variare in base alla geografia, al livello d’istruzione e di esperienza della forza lavoro, al mindset e alle skill dei manager.

Infine, cosa molto importante, deve essere condotto da un team indipendente di valutatori e svolto direttamente sul campo. L’osservazione diretta, elemento chiave del Lean Management, permette di raccogliere indicazioni preziose sulle competenze diffuse e sulla cultura che si respira nel luogo di lavoro, nonché di stabilire fin da subito una comunicazione diretta con la frontline, indispensabile per ottenere miglioramenti duraturi.

Cristina Bellini: Da quanto hai appena detto emerge che le competenze e la cultura aziendale svolgono un ruolo chiave. È una mia impressione o questi elementi sono ancora spesso sottovalutati dalle aziende?

Sergio Farioli: Purtroppo è così, e questo evidenzia un nuovo ordine di problemi. Molte aziende tendono a focalizzarsi esclusivamente sul ridisegno dei processi, dimenticando che l’approccio lean è ben più articolato e coinvolge l’organizzazione a tutti i livelli. L’Industria 4.0 richiede una trasformazione profonda del modus operandi, un cambio culturale radicale che deve necessariamente partire dal top management.

Competenze e cultura, d’altra parte, sono fondamentali per il successo di qualsiasi programma di trasformazione e sottovalutarne l’impatto può avere effetti molto deleteri. Una nostra ricerca ha mostrato che perfino i programmi più attentamente pianificati possono fallire a causa di un’implementazione mediocre in termini di ownership, committment e skill (Figura 2).

Figura 2

intervista s farioli figura

Cristina Bellini: Il digitale e le nuove tecnologie stanno investendo ogni settore, compreso quello manifatturiero. Che ruolo può giocare il Lean in questa nuova fase?

Sergio Farioli: Il mondo del Manufacturing sta cambiando profondamente. Il termine Industria 4.0 è ormai entrato nel linguaggio comune e suggerisce una produzione industriale sempre più automatizzata e interconnessa. Big Data, Advanced Analytics, Internet of Things e Machine Learning, per citare solo alcune delle tecnologie che si stanno affermando con forza, offrono alle imprese nuove grandi sfide ed enormi opportunità.

Siamo tuttavia convinti che lo straordinario apporto innovativo dell’Industria 4.0 non stravolgerà il sistema produttivo che si è andato sviluppando per più di un secolo. Non a caso preferiamo parlare di “evoluzione” piuttosto che di “rivoluzione”.

Nel prossimo contesto evolutivo le aziende avranno ancora bisogno di migliorare in modo continuo la produttività, la qualità e il livello di servizio, e la pressione in questo senso non andrà attenuandosi, anzi.

Per questo le tecniche Lean, sia quelle tradizionali sia quelle evolute in ottica digitale, rimarranno protagoniste indiscusse e l’approccio Lean risulterà fondamentale per realizzare una trasformazione digitale sostenibile.

Cristina Bellini: Come ci si può attrezzare per cogliere le opportunità offerte dall’Industria 4.0?

Sergio Farioli: Tutte le aziende, dalle più grandi alle più piccole, devono intraprendere una trasformazione digitale, e questo processo non è più rimandabile, pena la perdita di competitività e l’uscita dal mercato.

Una trasformazione digitale è un processo complesso e articolato, che richiede un vero e proprio cambiamento culturale. Come dicevo prima, questo cambiamento non può che partire dai vertici, dal top management, e toccare poi tutti i livelli dell’organizzazione. Deve cambiare il modus operandi all’interno dell’azienda e per farlo è fondamentale portare le persone, attraverso una formazione adeguata e l’acquisizione di nuove skill, ad agire comportamenti diversi e ad affrontare, con la giusta preparazione, un mondo del lavoro che sta radicalmente mutando.

Molte aziende hanno avviato questo percorso, ma si sono trovate in difficoltà nel portarlo a termine. Altre vorrebbero avviarlo, ma si rendono conto di non avere le competenze necessarie per affrontarlo.

Per assistere le imprese in questo delicato processo, in McKinsey abbiamo sviluppato un’ampia gamma di soluzioni che arricchiscono e integrano il nostro più tradizionale supporto alle imprese.

Attraverso McKinsey Implementation, che è costituita da professionisti con vasta esperienza nella gestione delle trasformazioni complesse, siamo in grado di accompagnare i clienti in tutte le fasi del processo di implementazione e aiutarli a trasformare le raccomandazioni ricevute nei risultati attesi.

Con i Digital Capability Center, un network globale di centri di apprendimento per l’eccellenza operativa, offriamo ai manager la possibilità di acquisire le competenze necessarie per realizzare con successo la trasformazione digitale. I nostri centri utilizzano concept di formazione innovativi e propongono una ricca offerta di moduli dedicati alle “digital operations”. Nella Lean Experience Factory 4.0 di Pordenone, ad esempio, i manager che partecipano ai percorsi formativi vengono guidati in un viaggio esperienziale attraverso un ambiente di produzione reale e diverse aree interattive, riuscendo così a toccare con mano i benefici concreti di una trasformazione digitale.

Autori
Sergio Farioli è Partner nell’ufficio McKinsey & Company di Milano
Cristina Bellini è Digital Communications Manager.

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